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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 08 gennaio 2024
Diritto della concorrenza – Europa / Concorrenza e settore sportivo – La CGUE ha riconosciuto come contrarie al diritto europeo le norme degli statuti di FIFA e UEFA sull’autorizzazione preventiva di nuove competizioni calcistiche internazionali
Con la sentenza del 21 dicembre 2023, la Corte di Giustizia dell’UE (CGUE) ha affermato la contrarietà al diritto della concorrenza UE delle condotte della Fédération Internationale de Football Association (FIFA) e della Union of European Football Associations (UEFA) – le principali federazioni calcistiche a livello mondiale ed europeo – consistenti nell’aver subordinato l’organizzazione di ogni competizione internazionale tra club alla propria autorizzazione preventiva.
La questione trae avvio dal rinvio pregiudiziale del Tribunale commerciale di Madrid nell’ambito del giudizio riguardante l’azione proposta nel 2021 dalla European Super League Company (ESLC) contro FIFA e UEFA. Nell’aprile 2021, infatti, le due federazioni avevano dichiarato la loro opposizione alla creazione di una nuova competizione calcistica internazionale, la European Super League (ESL), da parte di ESLC, minacciando di sanzionare club e giocatori che vi avessero partecipato, con l’esclusione dalle competizioni organizzate dalla FIFA e dalle federazioni a questa riconducibili. La necessità di una loro preventiva autorizzazione era collegata alle disposizioni degli statuti di FIFA e UEFA (Statuti) che conferiscono a queste tale potere in relazione alla creazione di nuove competizioni calcistiche internazionali. Le domande pregiudiziali riguardavano la conformità delle sopra richiamate norme degli Statuti agli articoli 101 e 102 TFUE, nonché alle disposizioni relative alle libertà fondamentali dell’UE. Oggetto del rinvio erano, inoltre, la compatibilità col diritto europeo delle norme che conferiscono alla FIFA e alle federazioni regionali (tra cui la UEFA) la titolarità e la commercializzazione esclusiva di tutti i diritti relativi alle competizioni organizzate dalle stesse.
Rispetto alla valutazione delle norme degli Statuti e alle condotte di FIFA e UEFA sotto le lenti del diritto della concorrenza, la CGUE ha riconosciuto che le stesse integrino un abuso di posizione dominante. Queste impedirebbero l’accesso al mercato dell’organizzazione di competizioni calcistiche internazionali e non potrebbero essere giustificate dal perseguimento dei principi di apertura ed equità delle competizioni sportive. FIFA e UEFA non avrebbero, infatti, proceduto in alcun modo a una verifica in concreto dei rischi collegati alla realizzazione della ESL. Tale circostanza sarebbe dimostrata dalla mancanza negli Statuti dei criteri considerati per tale analisi e dall’inesistenza di una procedura di esame strutturata.
Secondo la ricostruzione della CGUE, le stesse disposizioni degli Statuti devono essere considerate contrarie al diritto della concorrenza e, in particolare, all’articolo 101 TFUE. Le norme sul potere di autorizzazione preventiva costituirebbero, infatti, una limitazione all’accesso ai mercati rilevanti considerati e sarebbero qualificabili come una decisione di un’associazione di imprese restrittiva per oggetto. Secondo la CGUE, nel caso di specie, questa non potrebbe essere esentata sostenendo che tali norme mirino a garantire i principi di apertura ed equità delle competizioni, mancando gli Statuti di definire alcuna forma di verifica in concreto dei rischi collegati alla realizzazione delle competizioni valutate.
Allo stesso modo, l’assenza di tali forme di verifica in concreto permetterebbe di qualificare le norme di FIFA e UEFA sull’autorizzazione preventiva come limitazioni illegittime alla libera circolazione dei servizi di cui all’articolo 56 TFUE. Tali limitazioni possono considerarsi legittime solo ove orientate al perseguimento di un obiettivo di interesse pubblico e proporzionali a tale fine. La CGUE evidenzia come, nel caso concreto, anche considerando le norme in questione come orientate alla garanzia di principi di merito, apertura e solidarietà nelle competizioni sportive, gli oneri imposti da queste non possano essere considerati proporzionati in assenza di forme di verifica in concreto delle competizioni proposte basate su criteri trasparenti, oggettivi, precisi e non discriminatori.
Infine, per quanto riguarda la compatibilità delle norme degli Statuti relative ai diritti di sfruttamento commerciale sulle competizioni, la CGUE sostiene, da un lato, la legittimità dell’individuazione di FIFA e delle federazioni regionali/nazionali come uniche titolari dei diritti, purché siano limitate alle sole competizioni organizzate dalle stesse e, dall’altro, la compatibilità con il diritto UE di norme che attribuiscono diritti di commercializzazione esclusiva come quelle previste dagli Statuti solo ove siano provati i criteri di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE o le condizioni per la giustificazione delle condotte nell’ottica dell’articolo 102 TFUE.
La sentenza in commento si pone come un fondamentale passaggio per la verifica della compatibilità del sistema europeo dello sport con le norme di diritto dell’UE e lo sforzo della CGUE in tale direzione emerge anche dalla sentenza pubblicata negli stessi giorni sul caso International Skating Union, C‑124/21 P, che riprende gli stessi principi. Rispetto all’evoluzione della ESL, rimane da attendere come la questione si evolverà di fronte al giudice a quo.
Alberto Galasso
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Concentrazioni e responsabilità extracontrattuale dell’Unione / La Corte di Giustizia ha confermato che UPS non vanta il diritto al risarcimento dei danni patiti per il divieto di acquisizione di TNT
Con la sentenza pubblicata lo scorso 21 dicembre, la Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha respinto integralmente il ricorso proposto da United Parcel Service Inc. (UPS) avverso la sentenza del Tribunale dell’UE (il Tribunale) che le negava il diritto al risarcimento del danno per una presunta responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea derivante dall’adozione della decisione con cui la Commissione europea (la Commissione) aveva illegittimamente vietato la prospettata acquisizione (l’Acquisizione) del controllo esclusivo sulla concorrente TNT Express NV (TNT) (la Decisione).
In particolare, a valle della Decisione, UPS aveva reso nota la propria intenzione di abbandonare il progetto di Acquisizione con due comunicati stampa, uno pubblicato prima della pubblicazione della Decisione ma dopo che la Commissione aveva comunicato alle parti la propria intenzione di apporre il veto e uno pubblicato contestualmente alla Decisione.
Al contempo, UPS aveva proposto ricorso dinanzi al Tribunale che nel 2017 rilevava l’illegittimità della Decisione per una violazione dei diritti di difesa delle parti rinvenibile nella circostanza per cui la Commissione aveva da ultimo utilizzato un modello econometrico sostanzialmente differente da quello sul quale le parti stesse avevano avuto modo di esprimere le proprie osservazioni. Tale annullamento veniva successivamente confermato dalla CGUE con sentenza già commentata in questa Newsletter.
Nel 2016, TNT veniva acquisita da FedEx Corp. con il placet della Commissione. Subito dopo la pronuncia del Tribunale del 2017 UPS proponeva un ulteriore ricorso per ottenere il risarcimento dei danni economici che questa avrebbe asseritamente patito a causa dell’illegittimità della Decisione, che si sostanziavano in una cifra superiore a 1,7 miliardi di euro ripartiti principalmente tra l’indennità di risoluzione (c.d. break-fee) versata a TNT per il mancato completamento dell’Acquisizione e il lucro cessante relativo alla perdita di sinergie di costi che si sarebbero ottenute grazie alla stessa Acquisizione.
Posto che il comportamento illecito della Commissione era già stato accertato nei termini di cui sopra nel giudizio sulla (il)legittimità della Decisione, dapprima il Tribunale e successivamente la CGUE hanno basato le loro decisioni sull’insussistenza dell’ulteriore requisito necessario per accertare una responsabilità extracontrattuale dell’UE, ossia il nesso di causalità tra l’atto illegittimo di una sua istituzione e il danno lamentato.
Con riferimento al lamentato danno da lucro cessante, il Tribunale stabiliva che non fosse possibile presumere che, in assenza della violazione procedurale in questione, la concentrazione sarebbe stata automaticamente dichiarata compatibile con il mercato interno, rilevando che UPS non aveva addotto alcun elemento ulteriore atto a dimostrare che si sarebbe ottenuto un simile risultato diverso. Inoltre, per il Tribunale un effetto interruttivo del nesso di causalità era altresì riscontrabile nella circostanza per cui UPS avesse rinunciato pubblicamente alla concentrazione con i predetti comunicati stampa. Premesso che la competenza della CGUE è principalmente limitata a potenziali errori di diritto commessi dal Tribunale, che beneficia invece di un potere di valutazione insindacabile dei fatti, anche su questo punto la CGUE supporta la conclusione del Tribunale in quanto UPS avrebbe limitato la propria doglianza ad una diversa interpretazione degli elementi fattuali alla base della propria pretesa senza tuttavia dimostrare quel manifesto snaturamento degli stessi che avrebbe comunque permesso alla CGUE di contestare l’accertamento operato dal Tribunale.
Per quanto attiene al nesso causale con il presunto danno derivante dal pagamento della break-fee a TNT, la CGUE conferma la posizione del Tribunale sostenendo che tramite un libero accordo le parti avevano disciplinato l’allocazione del rischio – insito in ogni procedimento di merger review – che l’operazione non venisse approvata dalla Commissione e che le conseguenze pregiudizievoli di impegni contrattuali di questo specifico tipo (ossia le c.d. break-fees) non possono costituire la causa determinante del danno subito a causa di illegittimità che inficiano la relativa decisione della Commissione.
Pertanto, con la sentenza in commento la CGUE stringe le maglie della responsabilità extracontrattuale dell’Unione rendendo difficile per gli operatori economici ottenere il risarcimento di eventuali danni in un contesto, come quello del controllo delle concentrazioni, dove le conseguenze pregiudizievoli di una decisione illegittima possono essere particolarmente gravose. Resta tuttavia poco convincente il ragionamento della Commissione in relazione all’assenza di nesso causale tra l’illegittimo annullamento e il pagamento della break-fee, laddove se è vero che questa indennità è frutto della libera allocazione contrattuale del rischio tra le parti, è anche vero che il rischio allocato è legato ad un divieto dell’operazione deciso legittimamente dalla Commissione e non certo ad un divieto illegittimo. Resta conseguentemente oscuro se e in che modo secondo la CGUE le parti di un’operazione di concentrazione possano prevedere meccanismi contrattuali di compensazione ulteriori alle break-fees che non intacchino il nesso di causalità in esame.
Niccolò Antoniazzi
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Diritto della concorrenza – Italia / Abusi e settore delle telecomunicazioni – L’AGCM ha chiuso senza accertare un’infrazione il procedimento nei confronti di Telecom Italia per un abuso di posizione dominante nell’ambito di una gara Consip
Con il provvedimento pubblicato lo scorso 18 dicembre (il Provvedimento) l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha chiuso, senza accertare un’infrazione, il procedimento avviato nei confronti di Telecom Italia S.p.A. (TI) per un presunto abuso di posizione dominante (il Procedimento) nel contesto della gara Consip bandita per la fornitura dei servizi di telefonia mobile alle pubbliche amministrazioni (Gara TM9). L’abuso sarebbe consistito – secondo l’ipotesi di accusa formulata dall’AGCM - nel rifiuto di fornire a Fastweb S.p.A. (FW) informazioni ritenute indispensabili per la partecipazione alla gara stessa.
Il Procedimento (già oggetto di commento della presente Newsletter era stato avviato il 30 novembre 2022, in seguito a una segnalazione presentata da FW, società che opera, inter alia, nel mercato dei servizi di telefonia mobile come operatore “ibrido”, ossia in virtù sia di due accordi di roaming con TI e WindTre S.p.A (WindTre) (per il 2G, 3G, 4G, LTE e 5G), sia per il tramite della propria rete 5G.
Secondo FW, la propria partecipazione alla gara sarebbe stata limitata da TI tramite la mancata ostensione di mappe sulla copertura della rete di TI stessa, informazione ritenuta essenziale per la partecipazione alla procedura competitiva e la presentazione della migliore offerta possibile.
Più nello specifico, il disciplinare di gara richiedeva, trai vari requisiti, di presentare un piano di copertura indicando, per ciascun comune italiano, le percentuali del territorio coperte da tecnologie 2G, 3G, 4G e 4G+, nonché il territorio complessivo cui rapportare le percentuali indicate. La copertura indicata avrebbe potuto essere garantita sia tramite l’utilizzo di infrastrutture di rete proprie, sia – come nel caso di FW – attraverso accordi con altri operatori di rete mobile. FW aveva quindi presentato richiesta di accedere alle rispettive mappe sia a TI, sia a WindTre. Mentre quest’ultima ha dato prontamente seguito alla richiesta, TI avrebbe negato l’accesso a tali informazioni, per ragioni di riservatezza commerciale, fornendo, tuttavia, le percentuali di copertura a livello comunale tramite firma di un accordo di confidenzialità ed impegnandosi a fornire le mappe direttamente alla stazione appaltante in caso di aggiudicazione da parte di FW.
Il caso era stato, per altro, oggetto di un sub-procedimento cautelare che si è concluso senza l’adozione di alcuna misura da parte dell’AGCM. Tale decisione è stata poi confermata sia dal TAR, sia dal Consiglio di Stato, in considerazione sia delle informazioni percentuali condivise, sia delle numerose proroghe disposte della stazione appaltante.
La procedura di gara prevedeva l’assegnazione di 70 punti in base all’offerta tecnica – a sua volta suddivisa in varie sottocategorie di attribuzione – e di 30 punti in base all’offerta economica presentata. Alla Gara TM9 hanno partecipato Vodafone Italia S.p.A. (Vodafone), FW e TI che hanno ottenuto rispettivamente 96.3, 90.4 e 89.5 punti. Vodafone è risultata dunque aggiudicataria, con FW e TI al secondo e terzo posto della graduatoria.
L’AGCM, nelle proprie indagini, ha sconfessato l’ipotesi iniziale che l’operatore incumbent TI, aggiudicataria delle precedenti gare, potesse detenere una posizione dominante nel mercato della Gara TM9. In primo luogo, infatti, il mercato rilevante, identificato come quello della singola gara in oggetto, è stato considerato distinto rispetto sia al mercato nazionale dei servizi di telecomunicazione mobile, sia di quello delle precedenti gare bandite da Consip, in considerazione anche della mutata natura delle esigenze degli utenti e dei relativi servizi. Inoltre, TI non è risultata detentrice di alcun vantaggio informativo, derivante delle precedenti gare, anche considerata la grande quantità di informazioni condivise da TI a seguito di richieste di chiarimenti pervenute a Consip dalle altre partecipanti alla gara durante le varie proroghe.
Le presunte condotte di TI non hanno in alcun modo dunque impedito ad altri partecipanti di classificarsi al primo posto (Vodafone) né di presentare offerte. Inoltre, come valutato dall’AGCM, anche a voler ritenere valida l’ipotesi più grave rappresentata da FW relativa ai 2 punti asseritamente persi in assenza di inviluppo delle mappe di IT, gli stessi non sarebbero stati comunque sufficienti a colmare il divario con il punteggio ottenuto da Vodafone.
Per ultimo, l’AGCM ha ritenuto che le condotte di TI non risultino affatto di ostacolo alla partecipazione di FW anche in considerazione del fatto che tale operatore ha deliberatamente preferito l’utilizzo esclusivo dei dati di copertura di WindTre anche nei comuni dove la copertura di TI fosse risultata superiore “…anche a fronte della dichiarata disponibilità di TI a fornire alla Consip le proprie mappe”.
Alla luce di quanto riportato sinora, l’AGCM ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per accertare un abuso di posizione dominante da parte di TI. Il Provvedimento in commento risulta di interesse sia poiché conferma la particolare attenzione dell’AGCM rispetto alle condotte delle imprese nel contesto delle gare di appalto, sia poiché offre spunti di riflessione sulla possibile posizione dominante di operatori incumbent in mercati collegati o relativi a precedenti gare.
Fabio Bifarini
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Abusi e settore dei servizi di telepedaggio autostradale – L’AGCM ha accolto gli impegni presentati da Autostrade per l’Italia e da Associazione Concessionarie Autostradali Italiane
Mediante il provvedimento (il Provvedimento) pubblicato lo scorso 14 dicembre 2023, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha chiuso con impegni il procedimento avviato nei confronti di Autostrade per l’Italia (Aspi) e Associazione Concessionarie Autostradali Italiane (AISCAT, congiuntamente le Parti), volto ad accertare un possibile abuso di posizione dominante (il Procedimento) finalizzato ad escludere dal mercato nazionale del telepedaggio – tramite condizioni discriminatorie rispetto allo storico monopolista Telepass S.p.a. – l’ingresso di nuovi fornitori di servizi (FdS).
Il Procedimento traeva origine dalla segnalazione giunta all’AGCM da parte di UnipolTech S.p.a. (UnipolTech), società del gruppo Unipol S.p.a., dedita alla fornitura di soluzioni IT ed attiva nel settore mobility del gruppo, ambito in cui ha sviluppato e commercializzato il prodotto UnipolMove, che consente il pagamento elettronico del pedaggio autostradale.
UnipolTech aveva denunciato una serie di condotte adottate dalle Parti che ne avrebbero ostacolato l’ingresso nel mercato del telepedaggio, ossia (i) l’obbligo di dover procedere con l’accreditamento al servizio SET per i mezzi leggeri (ML) utilizzatori del prodotto UnipolMove e di aver posto in essere in tale frangente comportamenti dilatori; (ii) il mancato adeguamento dei varchi e della cartellonistica autostradale per segnalare ai guidatori il funzionamento dei servizi SET e SIT; (iii) l’applicazione a UnipolTech di condizioni contrattuali discriminatorie ed inique rispetto al concorrente Telepass.
Invero, per poter operare come FdS, è necessario che questi sottoscriva apposito contratto con il concessionario del tratto autostradale presso il quale si intende offrire il servizio di telepedaggio. In tale contesto, il quadro regolatorio di riferimento prevedeva una triplice tipologia di servizi per poter adoperare il pagamento elettronico del pedaggio autostradale, precisamente:
- il servizio nazionale (o Legacy) di telepedaggio: ivi opera solo Telepass in regime di monopolio da circa trent’anni – nonostante l’assenza di alcuna riserva regolamentare o normativa in tal senso – sia per i ML, sia per i mezzi pesanti (MP);
- il Servizio Europeo di Telepedaggio (SET): valevole sia per MP, sia per ML e disciplinato dalla direttiva 2019/520/UE, la cui procedura di accreditamento è suddivisa in tre fasi, ed entro 36 mesi dalla registrazione deve essere inoltre ottenuta l’autorizzazione ad operare come FdS in altri 3 Stati membri oltre all’Italia;
- il Servizio Interoperabile di Telepedaggio (SIT): a questo l’accesso è consentito ai FdS per i soli MP, funzionante col medesimo protocollo tecnico-informatico del SET – dunque dovendo passare per lo stesso iter di accreditamento –, pur non sussistendo l’obbligo di concludere contratti con ulteriori Stati membri.
Pertanto, quando nel 2019 AISCAT ha indicato – in seguito alla richiesta di UnipolTech per l’accreditamento al servizio SIT per MP e ML – che non vi era possibilità alcuna di poter procedere all’accreditamento al servizio Legacy, ma che sarebbe stato necessario procedere con l’adesione al SET (o al SIT ma limitatamente ai MP), ciò aveva cristallizzato la sostanziale inaccessibilità al mercato del telepedaggio nazionale e la posizione da monopolista di Telepass.
I profili anticoncorrenziali emersi dalla ricostruzione dell’AGCM in sede istruttoria sono stati successivamente mitigati dagli impegni assunti dalla Parti. Più dettagliatamente, con il primo impegno, sono istituite per il sistema Legacy le medesime procedure di accreditamento SIT/SET per i nuovi dispositivi di telepedaggio, imponendo così a Telepass le medesime procedure cui sono sottoposti gli altri FdS. Con il secondo impegno, il sistema SIT è esteso anche ai ML, consentendo così ai nuovi FdS di operare sul territorio nazionale senza dover ricorrere al più oneroso SET. Tali due misure sono reputate dall’AGCM come idonee a rimuovere i profili di disparità di trattamento nell’accesso e nell’accreditamento al sistema nazionale di telepedaggio.
In aggiunta, le Parti hanno garantito che procederanno nel più breve tempo possibile nell’adeguare i varchi e la cartellonistica autostradale e che informeranno la clientela sull’apertura del mercato. Inoltre, modificheranno le clausole contrattuali tra FdS e concessionarie che potrebbero generare un trattamento discriminatorio rispetto a Telepass.
Il Provvedimento in esame risulta essere di particolare interesse nel testimoniare una rinnovata fiducia dell’Autorità nell’istituto degli impegni quale strumento per un ripristino del corretto funzionamento del mercato in tempi e con modalità più celeri rispetto ad un approccio sanzionatorio delle condotte anticoncorrenziali.
Giuseppe Schinella
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Intese e settore del trasporto aereo - L’AGCM ha concluso senza accertare infrazioni l’istruttoria avviata nei confronti di easyJet, Ita, Ryanair e Wizz Air per una presunta intesa relativa ai prezzi dei voli per la Sicilia nel periodo natalizio
Tramite il provvedimento del 19 dicembre 2023 (il Provvedimento), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha chiuso l’istruttoria avviata il 20 dicembre 2022 nei confronti di EasyJet, ITA, Ryanair e Wizz Air (le Compagnie Aeree) per un’asserita intesa volta all’allineamento dei prezzi dei biglietti aerei per e dalla Sicilia nel periodo natalizio su segnalazione del Codacons Sicilia, rilevando la non sussistenza di elementi idonei all’accertamento di un’intesa restrittiva della concorrenza.
Nel provvedimento d’avvio l’AGCM, dopo aver indicato che i vettori aerei in genere variano i prezzi in modo dinamico in base ad alcuni fattori, tra cui la disponibilità dei posti, la domanda prevista e politica dei prezzi dei concorrenti, ha riconosciuto che, nei periodi di elevata domanda (come quelli estivi o natalizi), questa diviene meno elastica rispetto al prezzo determinando quindi un incentivo razionale per i vettori ad aumentare i prezzi.
Nel caso di specie, tuttavia, l’AGCM avrebbe notato in alcuni casi un anomalo allineamento dei prezzi praticati dalle Compagnie Aeree nelle coppie di origine-destinazione tra Palermo e Catania da un lato e alcune città del Nord e Centro Italia dall’altro (ossia, Milano, Roma, Torino e Bologna) e i rispettivi bacini d’utenza.
Nel Provvedimento l’AGCM ha ritenuto che le informazioni raccolte dall’istruttoria non siano state tuttavia in grado di corroborare l’ipotesi di addebito formulata in sede di avvio in quanto i prezzi normalmente praticati dalle Compagnie Aeree non sono necessariamente determinati esclusivamente da rigide regole, bensì da aggiustamenti di tipo dinamico che possono dipendere dall’andamento della domanda attesa rispetto alla programmazione iniziale, il grado e il tasso di riempimento del velivolo e altri eventi che possono incidere sulle condizioni di prezzo in un dato momento prima della partenza.
Sulla scorta di quanto delineato sopra, l’AGCM ha concluso che pur in presenza di elevati picchi di prezzo su alcune delle tratte, le offerte delle Compagnie Aeree hanno presentato una certa variabilità anche in ragione degli andamenti delle prenotazioni nel corso della commercializzazione dei voli.
In ogni caso, a fronte del ricostruito scenario di mercato, l’AGCM ha comunque ritenuto opportuno avviare un’indagine conoscitiva (l’Indagine Conoscitiva) con riferimento all’utilizzo degli algoritmi di prezzo nel trasporto aereo di passeggeri sulle rotte nazionali da e per la Sicilia e la Sardegna volta ad un duplice scopo: (i) verificare se e a quali condizioni gli algoritmi utilizzati dalle compagnie aeree potrebbero influire in modo negativo sulle condizioni di offerta del servizio di trasporto aereo ai consumatori; ed (ii) accertare le modalità con le quali i prezzi dei biglietti aerei e delle loro diverse componenti, vengono resi noti e accessibili al pubblico, posto che tali modalità incidono sia sul grado di trasparenza dei prezzi stessi che sulla loro comparabilità, con un possibile impatto sulla formazione delle decisioni di acquisto dei consumatori e sulla mobilità della domanda e, pertanto, con potenziali ricadute sulle dinamiche concorrenziali del settore.
È da sottolinearsi che, nel provvedimento d’avvio dell’Indagine Conoscitiva, l’AGCM fa riferimento ai nuovi poteri ad essa attribuita dall’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, come convertito dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136, il quale prevede che, se ad esito di un’indagine conoscitiva in tale settore l’AGCM riscontra problemi concorrenziali che ostacolano o distorcono il corretto funzionamento del mercato con conseguente pregiudizio per i consumatori, essa può imporre alle imprese interessate, nel rispetto dei principi dell’ordinamento dell’Unione europea e previa consultazione del mercato, ogni misura strutturale o comportamentale necessaria e proporzionata, al fine di eliminare le distorsioni della concorrenza.
A fronte quindi della chiusura dell’istruttoria senza accertare infrazioni con il Provvedimento in commento e la quasi contestuale apertura di un’Indagine Conoscitiva nel medesimo settore, resta la curiosità circa quale sarà l’esito di tale indagine e soprattutto se e come l’AGCM farà uso dei nuovi menzionati poteri.
Sabina Pacifico
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Appalti, concessioni e regolazione / Nuovo codice dei contatti pubblici – L’AGCM, l’AGCOM e l’ANAC hanno firmato congiuntamente un atto di interpretazione dell’articolo 119 (comma 3, lett. d) in tema di subappalto applicato ai servizi postali
Attraverso un atto congiunto di interpretazione l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) e l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) hanno dato una lettura dell’articolo 119 comma 3 lett. d) del nuovo Codice dei contratti pubblici in tema di subappalto che tiene conto della struttura e organizzazione del mercato postale.
La norma in questione esclude dalla disciplina del subappalto le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto. Rispetto al Codice previgente, la nuova disciplina recepisce gli indirizzi della giurisprudenza e circoscrive la possibilità di utilizzare i contratti continuativi di cooperazioni solamente nelle ipotesi di "prestazioni secondarie, accessorie o sussidiarie”. Questa perimetrazione ha lo scopo di impedire elusioni della disciplina del subappalto.
In tale contesto, l’AGCM, l’AGCOM e l’ANAC hanno reso un’interpretazione della norma al fine di risolvere il dubbio interpretativo sulla nozione di secondarietà, accessorietà o sussidiarietà delle prestazioni rese in forza di contratti continuativi nel mercato specifico dei servizi postali. In particolare, si era posto il problema se possa rientrare in questa nozione anche l’espletamento di prestazioni che attengano ad una fase della prestazione principale oggetto del servizio postale. Il servizio postale, infatti, è caratterizzato da una pluralità di prestazioni (raccolta, smaltimento, trasporto e distribuzione) che determinano una frammentazione dell’attività e necessitano di forme di cooperazione tra operatori.
Lo strumento del contratto continuativo è fondamentale per l’organizzazione degli operatori postali in quanto, i bandi relativi a tali servizi prevedono, di norma, quale requisito di partecipazione, di esecuzione, o di attribuzione del punteggio, elevate percentuali di copertura minime che il singolo operatore economico non è in grado di garantire singolarmente.
L’AGCM, AGCOM e l’ANAC hanno ritenuto necessario fornire un’interpretazione che garantisca il più ampio accesso al mercato agli operatori del settore postale. Si rileva, infatti, che rientrano nell’esclusione di cui all’articolo 119 comma 3 lett. d) le prestazioni affidate mediante contratti continuativi che non abbiano autonomia finalistica, ovvero che non consentano da sole di soddisfare la richiesta della stazione appaltante, avendo ad oggetto prestazioni che non siano prevalenti rispetto al servizio considerato nel suo complesso ed essendo preordinate a garantire la corretta esecuzione della prestazione da parte dell’aggiudicatario. Di tale interpretazione, secondo l’atto congiunto, si dovrà tener conto nell’aggiornamento delle linee guida sull’affidamento dei servizi postali per evitare che, sulla base della normativa in commento, le stazioni appaltanti escludano dalle gare gli operatori economici che hanno finora garantito l’esecuzione del servizio e il funzionamento del mercato.
Francesco Castracane degli Antelminelli